Qualcosa intorno all'ANIMA

 

Non ho pretesa di dire qualcosa sulla Religione o sulla Scienza, essendone ben poco all’altezza, se non per quanto sia, qui, strettamente necessario in relazione alle ordinarie osservazioni , del tutto personali e senza pretese, che intendo svolgere, a proposito dell’anima, e ritenendo che, per quanto ciò possa apparire paradossale, qualsiasi netta posizione possa prendersi con riferimento ad esse, in positivo o in negativo, ben scarsi lumi ne trarremmo ai fini qui in trattazione, per i motivi che dirò.

L’esistenza dell’ANIMA è il postulato imprescindibile che dà vita e interpreta il senso di questo mio scritto, anche se di essa, praticamente nulla sappiamo, o possiamo definire come qualcosa che sia, inoppugnabilmente, comprovato; non conosciamo nulla e nulla siamo in grado di dire, circa la sua essenza, la sua storia, se c’è una storia, ecc.; abbiamo solo sensazioni.

Qualcosa ci comunica l’arte, la storia delle Religioni; ce lo dice il sentimento che ne abbiamo, ce lo dicono gli occhi delle persone che amiamo, odiamo, o magari ci sono indifferenti, e l’amore, l’odio, l’indifferenza che vediamo riflessi nei nostri occhi; ci sono persone che “sentono” qualcosa, o qualcuno, i sogni in cui appaiono persone viventi o defunte, a volte semplicemente immaginate, sogni che ti danno messaggi, che ti mettono in allarme, o presagiscono qualcosa, e non c’è nessuno che possa dire di non saperne nulla; c’è quello che “vedono” i bambini, da piccolissimi, e, a volte, ne ricevono protezione o, al contrario, inquietudine; ne parlavo proprio questa mattina con una mia figlia e sentivo provenirne un calore di affetto, e non solo dalla sua parte.

E che cosa è la magia, la scintilla dell’amore, quando c’è? Ci sono i cani che, a volte, sembrano abbaiare al nulla, e, in definitiva, lo stesso istinto animale; ci sono gli addii, i lontani ricordi, ci sono le lacrime e i sorrisi, la musica, il tocco dall’arte; c’è che non si può aggiungere di più.

Ma un’ultima cosa non voglio farmela mancare: prendiamo le persone, gli animali, a parte le eccezioni che dirò, ed, in genere, il mondo vegetale; mi riferisco a tutti gli esseri senzienti, come è evidente. Se vivisezioni questi esseri e poi li vuoi ricomporre, come accade, in modo romanzesco, per il mostro di Frankenstein, essi non riacquistano la vita, perché manca il soffio, manca il fiato, che prima c’era; ciò, in altri termini, equivale a dire, a mio parere, che la loro anima se ne è andata. Per alcune forme animali, ciò non accade, come si sa, sia creature acquatiche, che della terra, in quanto, in linea di massima,  si verifica una modalità particolare di riproduzione e, in definitiva di rigenerazione dell’anima, o, chi sa, generazione di altre anime. Le parti vegetali che, pur distaccandosi, riprendono vita, si innestano, generano altre vite, non tutte, per la verità, fanno parte dello stesso discorso: il distacco dell’anima dalla corposità. Più avanti mi intratterrò anche sul delicato argomento della reincarnazione. Altro non saprei.

Curioso come, con tutti i progressi scientifici, tecnici, teorici, di impostazione e di sistema, migliaia di anni di ricerche, in tutte le discipline dell’umana conoscenza, non ci siano risposte agli interrogativi fondamentali sulla nostra vita e sulla vita del mondo: che cosa accade dopo la nostra morte? Quale è la nostra provenienza? Che cosa c’è al termine della notte? Oltre la fine dell’Universo che si espande e si contrae? Come definire ciò che è “intorno”?

Solo alcune domande hanno risposte;  sono, in genere, le domande “evolutive”: gli uomini, come tutti gli esseri viventi sulla Terra, provengono dai pesci (ma i pesci da dove provengono?); le domande “derivate”: se io spingo una biglia contro un’altra biglia, essa necessariamente la urta, oppure no? Ai nostri antipodi, tutti e tutto è a testa in giù rispetto a noi (o noi rispetto a loro), ma nessuno e nulla cade, perché?

Possiamo, a questo punto, affermare, credo, che l’esistenza dell’anima è indipendente dall’esistenza, o non esistenza di Dio e, circa le conoscenze scientifiche del Mondo, è ancora nella linea di confine tra il noto e l’ignoto dove, forse, per sempre rimarrà.

Nonostante quanto ho premesso, per quanto possa sembrare strano, prendo l’avvio per motivi di chiarezza e di schema narrativo, proprio dalla RELIGIONE e dalla SCIENZA, aiutandomi molto con l’immaginazione, per non andare oltre le mie capacità e possibilità, e rimanere nell’intento specifico di comunicazione intellettuale,  che mi ero prefisso.

D’altronde, ben pochi elementi vedo, intorno a me, che possano fare da supporto  al complesso argomentativo che qui propongo.

Questo è il limite e, al tempo stesso la caratteristica dell’elaborato: un viottolo in mezzo al Cosmo di tutte le cose.

Nulla si sa dell’esistenza di Dio, se non attraverso le molteplici interpretazioni umane, in ogni luogo del Mondo, e in ogni tempo; e “come”, “cosa”, “quando”  nell’ipotesi della sua esistenza; e, parallelamente, tutto quello che proviene dalla scienza, tanto attraverso comprovate e ineccepibili equazioni, in relazione ai livelli di conoscenza e di progresso raggiunti, quanto attraverso illazioni estremamente ardite e avanzate, pur di stretto rigore sistematico, ad un certo punto si arresta. Hic sunt leones.

Esistono altri Mondi? C’è la possibilità di andare verso altri Mondi, ed altri tempi, non con previsione di irrealizzabilità, in concreto, di tale prospettiva, partendo da qui, dove siamo arrivati? La velocità della luce è ancora la sfida massima sul tavolo degli scienziati; i mezzi meccanici degli attuali astronauti, non possono andare oltre ambiti divenuti, ormai obsoleti; le ricerche sui buchi neri arricchiscono in modo sempre più ampio e approfondito, ciò che sappiamo intorno ad essi, ma, almeno al momento, nulla viene ad aggiungersi alle potenzialità esplorative che essi posseggono; la possibilità di viaggiare nel tempo, in modo unidirezionale, solo verso il futuro, come teorizzato dal concetto einsteiniano della relatività, nella sua impostazione classica, sembrerebbe doversi correggere con la possibilità di indirizzarsi, indifferentemente, tanto vero il futuro, quanto verso il passato, dall’intreccio con la fisica quantistica.

Estremamente problematici sarebbero gli effetti, i condizionamenti, i paradossi esistenziali, ove ciò fosse concretamente possibile.

I whormhole sarebbero dei buchi  nel nostro tempo termico, che permetterebbero un passaggio nel tempo immaginario, dove potrebbe realizzarsi un continuo andirivieni tra passato, presente e futuro, a dir poco sconcertante e surreale.

Fatto sta che, al momento attuale, nulla e nessuno può andare, in realtà, né nel futuro, se non con i normali mezzi di locomozione, che comunque traducono il viaggio in una sommatoria di “presenti”, né nel passato, salvo foto, film, video, nulla che non sia altro che un semplice artifizio; qualcosa di sentimentale più che di reale.

Le foto, le registrazioni, i filmati, che altro sono, se non ammennicoli, appendici del presente, particelle virtuali dei nostri tempi, né più né meno di proiezioni, relazioni, simulazioni che possono farsi per il futuro? A parte i ricordi, i lieti o meno lieti eventi, le persone care che, allo stato attuale dell’umana esperienza, sono improponibili per il futuro.

Riassumendo, per quanto possiamo sapere tutto quello che c’è, oggi, da sapere, sull’espansione e la contrazione dell’Universo, sui buchi neri, i whormhole, il congiungimento degli estremi lembi dello spazio-tempo, non possiamo, in concreto, muoverci verso nessuna parte, e da nessuna parte che vada oltre gli spostamenti dei mezzi meccanici che tutti conosciamo, e le lancette dell’orologio.

Tutto questo riguarda, naturalmente, la realtà evidente, molecolare, ma c’è dell’altro che non possiamo non vedere, non percepire, ignorare o fingere di ignorare perché troppo distante dalla nostra normalità e quotidianità.

Allo stato attuale delle conoscenze e delle potenzialità scientifiche non possiamo passare dal tempo reale, o tempo termico, che prosegue inesorabilmente verso il futuro, facendoci invecchiare o, ad un certo punto, morire, al tempo immaginario, quello che gli scienziati più qualificati, quelli della buona scienza, individuano come una linea perpendicolare che scende a tagliare la linea orizzontale del tempo ordinario. Qui non dovrei addentrarmi oltre, ma è un’occasione che non posso perdere per illustrare meglio quello che voglio dire:

Se il campo esistente tra le due linee appena dette, fosse costituito da una fitta rete immobile e indefinita, questo, a mio modo di vedere, aprirebbe un mondo affascinante.

Per spiegarmi meglio, dirò che immagino il tempo, lo spazio, l’interazione spazio-temporale, appunto, come una fitta rete immobile e senza confini, attraverso la quale sarebbe possibile, già oggi, e non in un ipotetico futuro anteriore fecondo di grandi scoperte scientifiche, passare e andare avanti e indietro nel tempo, in altri mondi e in altre dimensioni, se non fosse per la nostra corposità.

Ma l’anima… alla quale abbiamo sempre fatto riferimento come qualcosa di evanescente, di etereo? Potrebbe, indifferentemente trasmigrare da un punto ad un altro, attraverso le pur ristrette maglie della rete?

E’ come se qui ci fosse un punto di incontro, come un tocco vitale, tra la Scienza, la buona scienza, intendo, e la Religione, o meglio, le Religioni.

La scienza non si occupa di anima, ma non mi sembra la disconosca.

Per quanto possa apparire strano e surreale, tutto ciò che la scienza ha realizzato e va realizzando per l’uomo, è già fruibile dall’anima, o dalle anime dell’Universo, se c’è un fondamento nel mio pensiero; e per me non è affatto strano.

Si pongono anche qui problemi di “dove”, “come”, “quando”, ovviamente.

Se dovessimo aderire all’idea dell’eternità del Mondo, potremmo concludere, sulla scorta del pensiero di Aristotele, per l’inesistenza dell’intervento di Dio e, in definitiva, per l’inesistenza di Dio; nel caso di Aristotele, degli Dei.

E che cosa potremmo dire dell’anima, o meglio, delle anime?

Probabilmente che ci sono sempre state le anime del Mondo, in diversa maniera, in diversa forma, in diversa composizione; nessuna creazione, ma solo trasformazione, come i peduncoli e i settori delle forme animali e vegetali, alle quali facevo, sopra, riferimento.

Se invece dovessimo concludere per riconoscere un punto iniziale dell’Universo, questo richiama, indubbiamente di più, l’idea di un Creatore; potrebbe, peraltro, esserci l’inizio di ogni cosa, senza l’artefice di esso. Si pone, in ogni caso il problema di che cosa c’era prima. Ho la sensazione che qui si arresti ogni forma di pensiero, sia scientifico che religioso. E che ne è dell’anima?

Sarebbe corretto concludere che il Creatore, o la Creazione, avendo dato vita ad ogni cosa, ha dato vita anche all’anima?

Per quanto si sia sentito di persone che ricordavano cose non appartenenti alla loro vita, ma appartenenti alla vita di altri, anche in epoche e luoghi diversi, o, magari, alla loro stessa vita in altri tempi e altre dimensioni; non si è mai sentito qualcosa, che non appartenga a ciò che possiamo immaginare, credere, ricordare, compreso “il nulla” che è anzi, un concetto ampiamente studiato e affollato, qualcosa che sia, in fin dei conti, assolutamente incomprensibile. Nient’altro che illazioni, e questo è tutto.

D’altronde nel Mondo “eterno”, come nel Mondo del “fiat lux”, tutto ciò che è accaduto, diciamo a partire da 20 miliardi di anni andando a ritroso, è sotto l’occhio dei riflettori dell’uomo moderno.

C’è, quindi, il Big Bang, al quale, giunto il momento della sua massima espansione, farà seguito, a quanto pare, con una certa fondata probabilità, un Big Crunch, dove l’Universo prenderà a collassare su se stesso, e poi, ancora il ciclo si ripeterà; così come ci saranno stati diversi Big Bang e Big Crunch, precedentemente, che hanno dato vita, ogni volta, a nuove ere e nuovi Universi che, raggiunto un punto massimo di espansione, probabilmente ciascuno diverso da ogni altro, sono regrediti ancora alla massa iniziale.

A questo punto è legittimo chiedersi, in tutta questa entropia, questo caos cosmico, dove sono le anime del Mondo?

Si ha a volte la sensazione di vedere qualcuno, un’ombra fuggevole, un inaspettato, improvviso rallentamento della ruota del Mondo, che dura un solo istante, una imperfezione di sistema, forse, come il déjà vu del film Matrix, o forse un angelo, un fotone imprigionato nel nostro campo visivo, o magari la nostra stessa anima, per una frazione di secondo, davanti ai nostri occhi, un frame che appare, per subito sparire, o una esperienza extracorporea dell’anima, che osserva, dall’alto di una sala operatoria, un difficilissimo intervento, che potrà farle emettere, infine, un improvviso lungo sospiro, da quel corpo disteso, o espellerla da esso, per sempre; oppure che osserva quasi se stessa, il proprio cadavere, nel breve stupore statico, dell’interregno tra la vita e una morte inattesa e violenta, in una pozzanghera di sangue, per strada, come nel film Ghost; ma forse non è che suggestione. come quella, che si rinnova, di Samara Morgan davanti allo schermo televisivo.

In realtà, credo che esse siano, o possano essere dovunque, nelle vite delle persone, degli animali, dei vegetali, nell’aria, nella stratosfera ed oltre, su Marte, su lontani sconosciuti pianeti e corpi celesti, in altre epoche, nel passato che conosciamo o in quella parte che non conosciamo, nel futuro, per noi sempre un’incognita, nelle specie vitali estinte, salvo evolversi, per poi, a volte, ritornare ad esse, attraverso la fitta rete immobile e senza confini, che ho sopra menzionato, verso il passato, o nel dare il soffio vitale a specie non ancora venute in evidenza, verso il futuro; in altri mondi, altre dimensioni parallele a noi ignote, nella reincarnazione in esseri umani o altri esseri senzienti; persino, almeno temporaneamente, nel nulla. A queste, forse, inconsciamente pensiamo, quando facciamo riferimento alle “anime perse”.

Credo proprio che, per le anime, non si pongono affatto i limiti e gli ostacoli, della velocità della luce, dei veicoli spaziali, delle condizioni di vivibilità, di resistenza, e quant’altro.

Ricordo di un gattino che affidai ad un amico che viveva in campagna; una villetta nei pressi di una strada asfaltata, che conduceva al vicino paese di appartenenza, perché dovevo trasferirmi , e non era agevole portarlo con me.

Ritornai, dopo circa un anno, a  trovare il mio amico, e il gatto era lì in cortile. In un primo momento, sembrava quasi, non mi avesse neanche riconosciuto; poi, improvvisamente, mentre eravamo seduti ad un tavolino a scambiare due chiacchiere e prendere un caffè, mi saltò in braccio, strofinandosi a me, facendo rumorose fusa e rotolandosi sulle mie gambe.

Quando andai via, sembrava mi fissasse da lontano. Non ero molto contento. C’era, forse, il dolore dell’anima in quegli occhi.

Alcuni mesi dopo, seppi che era finito sotto una macchina, attraversando la strada; forse inseguiva un topo, o era attratto da una agile gattina?

Non era abituato alla strada; questa fu la sua storia, e, saranno ormai passati 30 anni, ancora mi rimorde.

Ma l’anima che albergava in lui non può essere scomparsa. Troppo intensa questa storia, per una così semplice fine. Quali altre storie avrà attraversato, e dove sarà ora?

Credo che tutti gli esseri viventi abbiano un’anima; si dice che persino le nostre piante in terrazza, sentono l’affetto o l’abbandono.

Una piccola palma che, per ignoranza, avevo lasciato per oltre un mese, d’estate, in un vaso, senz’acqua, quando, al ritorno dalle vacanze, trovai bruciata dal sole, piegata, con le foglie larghe, sbriciolate, imploranti, inutilmente le dedicai una poesia.

Questo fatto mi aveva molto colpito, eppure, a quel tempo, non avevo ancora realizzato che era stata, certo, la sua anima a suscitare in me, una drammatica emozione, e, ancora una volta, rabbia e un senso di rimorso.

E perché mai una rondine che hai salvato da morte certa, dovrebbe tornare per ringraziarti con squillanti stridii, o un piccione trascinare su un prato, fuori dall’area stradale dove è riverso, un altro ferito ad un’ala, e fermarsi ad attendere quello che sarà, non riprendere a volare insieme sul prato, ma solo il sopravvenire della sua morte?

Le favole di Esopo e, 5 secoli dopo, di Fedro, ci danno molti interessanti spunti di riflessione, sui temi qui in trattazione.

C’entra l’anima in tutto questo; ne sono assolutamente convinto, anche se non sono né vegetariano, né vegano, ma me ne faccio una ragione.

Potrei parlare di Diana, il cane lupo della mia infanzia, che qualche anima maledetta avvelenò; di Briaff, lo shih tzu attaccato come un’anima all’amo, alla vita delle mie figlie; dell’amica inseparabile di mia moglie, Camilla, l’husky che si è guadagnata la sepoltura in un bosco, sotto un faggio, su un piccolo dosso, da cui è visibile uno splendido panorama marino, e così via.

Anche l’anima di Raol, il cavallo morto il 20 ottobre 2018, a seguito di una rovinosa caduta, nell’ultimo palio di Siena, abbattuto per evitargli inutili sofferenze, sento che è intorno a noi da qualche parte.

I conquistadores spagnoli e portoghesi massacravano allegramente i nativi del Sud e Centro America, incoraggiati dagli insegnamenti della Chiesa Romana dell’epoca, forti della convinzione che essi non avessero un’anima, ma credo che per molto tempo li abbiano perseguitati le loro anime.

Esse poi “dimenticano” tutto, o quasi, nel passaggio da uno status ad un altro, per un misterioso, indefinibile (almeno con le attuali conoscenze) oblio.

Ma quante esse sono? Innumerevoli, come, secondo la Religione Cristiana, sono i granelli di sabbia nel mare, nel deserto, o anche in un solo pugno di mano? O consistenti in un numero, per quanto stratosferico, finito, come, proprio con riferimento ai granelli di sabbia,  sostiene la Scienza, da Archimede alla fisica quantistica?

E questo numero è destinato ad essere sempre uguale, o a moltiplicarsi ed espandersi, così come si espande l’Universo?

O, addirittura, ridursi, o temporaneamente sparire, semmai, in corrispondenza al ritorno alla massa magmatica iniziale?

Chi lo può dire?

Forse nella (mancata) risposta a queste, apparentemente, semplici domande, c’è tutto l’amletico dilemma tra Dio e Non-Dio, perché se può ritenersi che dopo anni, sia pure alcuni miliardi di anni, anche l’anima finisce, e tutto ricomincia daccapo, residua ben poco spazio per i punti di riferimento raggiunti da tutte le attuali Religioni, e quelle del passato, come da noi conosciute.

Queste potrebbero essere, d’altronde, domande falsate, inesistenti, una scienza generale, come una Religione cosmica possono coincidere: non muore l’anima se la sua essenza non richiede neanche l’esistenza del Mondo. La fitta rete immobile e senza confini, alla quale facevo sopra riferimento, che, credo, continuamente e variamente, attraversino e percorrano le anime, prescinde, per la sua stessa natura concettuale, anche dall’esistenza del Mondo.

Nel loro trasmigrare, esse trascendono, con ogni probabilità, l’esistenza e le vicende del Mondo.

Si sarebbe portati, empiricamente a credere che all’inizio dell’umana vicenda, in epoca preistorica, a partire dall’uomo di Neanderthal, diciamo circa 100.000 anni orsono, o, se vogliamo risalire all’epoca dei dinosauri, esistiti da 240 milioni di anni fa, per estinguersi  circa 65 milioni di anni fa, insieme al 75% delle specie viventi sul nostro Pianeta (vissuti, quindi, per 175 milioni di anni; un periodo di tempo impensabile per l’intero arco vitale dell’umanità), l’esistenza dell’anima fosse una chimera, un concetto stravagante.

Col senno di oggi, e sempre seguendo il filo del mio pensiero, potremmo ritenere che esistessero, inizialmente, molte meno anime e che il loro numero si sia ampliato nel corso dei secoli, come fenomeno evolutivo; oppure che le anime siano, in ogni caso, invariabili, indipendentemente dalla possibilità teorica di una loro enumerazione.

Resta il problema della loro provenienza; e ancora una volta, abbiamo ben poco da dire, in proposito.

Da dove vengono le “nuove” anime? Dalle vicende di precedenti anime, e quindi sono nuove solo in relazione alla loro attuale vicenda, o sono “nate” nuove? Anche in questo caso, provenendo da dove?

Non mi sento di dare alcuna risposta; ipotizzare solo che, forse, alcune sono originali, per la prima volta presenti nel Mondo, altre provengono da precedenti vicende, “dimenticate”, come dicevo.

Posso solo fermarmi alle poche righe iniziali: sono convinto, ma non ho nessuna pretesa di imporre il mio pensiero, né alcuna prova al riguardo, ma solo semplici indizi, che l’anima esiste, e ciò vuol dire qualcosa. Siamo fermi qui.

 

L’anima può vagare nel nulla, credo, o cambiare casa; una cattedrale, un tugurio, o magari una baita in montagna, più vicino ai confini del cielo. Questo può accadere, indifferentemente, nella espansione del Mondo, come nel collasso; e chi sa quante volte sarà già successo.

 

Nella vita e nella normale esperienza di ciascuno di noi è certamente capitato qualche volta, o spesso, di ascoltare o sapere di invocazioni delle anime dei morti, o di aver pregato noi stessi quelle anime, per un aiuto, per qualcosa, per qualche persona, o invocazioni verso Dio, o altre Entità soprannaturali, gli Angeli e gli Arcangeli, le Divinità come intese dalle Religioni politeiste, i Santi dell’Umanità, che sono, in ogni caso, modi di rivolgersi ad Entità invisibili ma presenti.

Le preghiere sono, naturalmente, rivolte al futuro, o a qualcosa che non conosciamo, che può anche riferirsi ad un  passato che, prossimamente si rivelerà.

Se è vero che le anime, attraverso la griglia del tempo immaginario, possono, indifferentemente passare al futuro e al passato, e a tutti i luoghi del passato e del futuro, come forse, tra molti, o, più fondatamente, moltissimi anni, seguendo la via maestra della scienza, sarà possibile agli uomini, come saranno, o come si saranno trasformati, una volta varcati i limiti della corposità e della velocità, dobbiamo chiederci: possono esse esaudire le nostre preghiere, magari modificando tanto il passato, quanto il futuro?

Non possiamo umanamente rispondere a queste domande, ma è già un valore in sé che queste domande esistano, e diano valore alla speranza.

Non credo sia molto importante tutto questo, nel mondo delle anime, se esso esiste, perché nel caos spazio-temporale generale, quello che accade qui, intorno a me, nella stanza in cui mi trovo, o anche nel cuore dell’Amazzonia, è meno di un granello della sabbia di cui sopra parlavamo, ma certo esistono anche i sentimenti, e noi siamo autorizzati a pensare che, almeno un’anima possa aiutarci.

Percorrendo le vie dell’immaginario, possiamo pensare ad un futuro che venga mutato dal futuro.

Occorre qui aiutarsi con un  esempio:

Se io sono impegnato a superare un concorso, ma c’è nella commissione esaminatrice un componente che mi odia, per motivi che qui non rilevano, e già so che farà di tutto per massacrarmi, che cosa posso sperare? Magari che cada dalle scale della metropolitana, e debba ricoverarsi giusto per il tempo necessario, affinché io possa dare il mio esame senza la sua presenza.

Ma ciò può accadere anche operando sul passato.

Un altro esempio:

Un giovane che io conosco e al quale, magari, tengo molto, è follemente innamorato, come capita ai giovani, ed io prego che questo amore vada in porto.

Ha, peraltro, un rivale in amore, anche se nessuno lo sa, per il momento, non essendosi ancora rivelato, tranne le anime e, in particolare, l’anima alla quale mi rivolgo, che può averlo visto transitando nel futuro.

Essa, allora, se intende esaudire le mie preghiere, e a meno che non ci siano contrasti, come potrebbe essere la opposizione di un’altra anima; il che comporterebbe, eventualmente, diverse altre soluzioni, tra cui quella del non esaudimento della mia preghiera, potrà anche provvedere ritornando al passato, addirittura facendo in modo che i genitori del rivale non si conoscano e quindi egli non nasca neanche; il problema risolto alla radice, come si suol dire.

Nessuno se ne accorgerebbe, operando sulle circostanze, qualcuno dimenticherebbe, o crederebbe di sbagliare. Null’altro.

In tal modo il presente che, rispetto all’epoca di riferimento, sarebbe il suo futuro, avrebbe cambiato il passato.

Questo sarebbe potuto capitare a chiunque, compreso me stesso, che ne sto trattando in questo scritto; ma, evidentemente, non è capitato a me, altrimenti non sarei qui al computer a battere sui tasti.

Ma non credo di poterne essere troppo sicuro.

Se qualcuno al quale sto sulle scatole, si fosse già rivolto, o si rivolgesse, prossimamente, ad un’anima capace di cancellarmi, se non mi sentissi più che protetto dalle anime che mi hanno amato e che amo, potrei anche pensare che tutto un filone della vita di questi ultimi 75 anni, più o meno corrispondenti alla mia età, un’inezia, rispetto alla vita in generale, e ancora più inezia, se si fa riferimento solo alla mia vita, sparirebbe in un soffio e nessuno se ne accorgerebbe, o immediatamente dimenticherebbe, compreso questo scritto, magari proprio durante il tempo necessario per scriverlo, sparito dal computer; del quale, comunque, nessuno avrebbe da rimpiangere la scomparsa, il che dovrebbe corrispondere, grosso modo, alle persone che avranno voglia di leggerlo.

E gli esempi potrebbero non finire mai.

Questo potrebbe già essere accaduto, o non accaduto, ma per accidenti del tutto occasionali e contingenti, milioni di volte.

Magari in questo stesso momento, un’anima, o forse più di una, mi dà lumi, mi aiuta a scrivere.

E’ importante, allora sperare, insieme ad operare, e non smettere di farlo.

Vorrei ora dire qualcosa sulla mia anima, così come ognuno può sperare, desiderare qualcosa per la propria anima.

Se è vero che l’anima sopravvive alla morte, come credo, e molti altri credono, dove andrà dopo aver abbandonato il nostro corpo?

Vagare nel vuoto, andare dovunque, reincarnarsi in un altro essere vivente? Ma non si uccide l’anima, neanche col pensiero.

Non credo si possa scegliere, o forse sì, tanto poi tutto (o quasi) sarà dimenticato.

Ma che si possa scegliere o no, che cosa vorrei per me?

In genere si dice “come vorrei vivere un’altra vita?”

Ma la domanda giusta è “come vorrei che la mia anima, che molto probabilmente, ha già vissuto altre vite, vivesse un’altra vita, o qualcuna, almeno, delle prossime vite?”

Indefinite volte, sempre la stessa vita? Direi di no! E questo credo che, una volta tanto, trovi d’accordo anche mia moglie.

Vorrei che la mia anima si reincarnasse varie volte, prima di raggiungere il Nirvana? Chi sa.

Quel che è certo è che se dovessi vivere 1000 vite, vorrei che fossero 1000 vite diverse, anche se poi le dimentico tutte, anche di un animale, l’imponenza dell’elefante, lo stile del ghepardo, la bellezza della farfalla, il mistero del cigno; o perché no, di un esemplare floreale, che susciti ammirazione in chi lo guarda: un contorto e bitorzoluto olivo millenario, una ninfa reale, una rosa rara.

Questi non sono altro che i miei desideri, naturalmente.

Preferirei, ma non so se c’è qualcuno che mi ascolta, non reincarnarmi in un essere orribile, un delinquente, o un’anima in pena, come variamente si intende, o un tacchino, con la data di scadenza già segnata e fissata al giorno del ringraziamento, o una fastidiosa zanzara, non un “coreano”, per carità, da attaccare all’amo di una canna da pesca! O un fungo velenoso e, per la verità, neanche un cavolfiore; non mi sono mai piaciuti. Proporrei allora, piuttosto, una graziosa libellula o una lucciola, che portano con sé intensi richiami letterari, o anche un animale di compagnia per una anziana, gentile signora; ma non vorrei ora lasciarmi trascinare dai richiami letterari che attraggono come i vortici; un’ape, prodiga di buone cose. Ma poi… sarà quel che sarà, chi può saperlo?

Qui mi fermo e lascio a chi ne ha voglia, altre considerazioni, commenti, o magari, stroncature; ma prima, non posso fare a meno di ricordare un’anima che non so se sia “nuova”, o abbia attraversato altre, dimenticate vite, ma certo resterà, per sempre, indimenticabile nelle nostre vite.

Mi riferisco ad Alan Kurdi, il bambino siriano di 3 anni, morto, insieme a suo fratello Galip e alla madre Rehan il 2 settembre 2015 per un naufragio, durante una traversata, insieme alla sua famiglia, in condizioni estreme, per sfuggire alle catastrofi del loro Paese, il cui corpo fu ritrovato su una delle spiagge di Bodrum, in Turchia, riverso a faccia in giù nell’acqua, con la maglietta rossa, i pantaloncini blu, le scarpette ancora allacciate ai piedi, i capelli lisci a caschetto, e la cui immagine, attraverso la fotografia scattata dalla giornalista turca Nilüfer Demir ha fatto il giro del Mondo, ma la sua anima, certo, molto, molto di più.